Atman project


Progetto anima, una definizione che ho incontrato tra le parole di G. Feuerstein, lo studioso contemporaneo della filosofia yoga che apprezzo di più. Si tratta di un contenitore di pulsioni, tendenze, ricerche che accomuna tutti noi, in quanto parte fondante del nostro essere, tanto quanto il corpo, le emozioni, la realtà in cui ci esprimiamo.
Pensandoci su, è quello di cui sentivo essere carente questo blog e, in generale, la pratica dell'hatha yoga in occidente.
Atman è la parola sanscrita per anima. Il progetto (dell') anima è quello che perseguiamo tutti, con strumenti e attitudini diversi, per realizzare la nostra definitiva unione con il sublime, il magico, il divino che c'è in noi: la ricerca scientifica, spirituale, artistica... sono tutti modi escogitati per dare alla nostra parte divina il permesso di entrare in contatto con noi, a far parte di noi. Le chiamiamo con un altro nome, ma sono le espressioni ultime della nostra pulsione alla magia dell'imponderabile, che siamo noi, ma di cui non siamo consapevoli.
In questi giorni il mondo dello yoga ha vissuto un'ondata di fermento (ed era ora, dopo millenni passati sulla cresta dell'elitarismo!). Alla base dello scossone, l'isinuarsi del dubbio di quanto ancora abbia senso praticare lo yoga, inteso come filosofia di vita, disciplina che va al di là del solo interesse per il corpo, che mira all'arduo e ammirevole compito di elevare la persona alla consapevolezza della sua luce.
Una ricerca ha equiparato lo yoga al semplice stretching nella cura del mal di schiena. E il clamore si è sollevato: davvero fare yoga è come fare stretching? Sì, forse, se l'unico obiettivo che abbiamo è curare il mal di schiena, se non ci interessa capire quali possono esserne state le cause, se non ci preoccupiamo del fatto che potremmo doverlo curare a vita, ma beatamente immersi nell'idea che la nostra schiena è altro da noi.
Allo stesso tempo, da qualche parte nel mondo ci si è chiesti per quanto ancora gli yogi e le yogini vorranno tenersi alla larga dai problemi della società in cui vivono, prendendosi cura dell'effimero mentre il concreto va a rotoli: Occupy yoga, social action for the 100%. Per fortuna, qualcuno ha deciso di uscire allo scoperto, e impegnarsi a portare Maometto alla montagna: lo yoga (che, se vogliamo, è uno stretching più qualcosa...e quel qualcosa sono millenni di ricerca sull'essere, la sua psicologia, il suo spessore) va al mondo.
In effetti, lo yoga praticato come in India, come in un altra epoca, qui non ha senso. Sicuramente abbiamo di meglio da dare al mondo che la falsa riga di qualcosa che è stato, o è ancora ma in un altro continente. Quello che abbiamo da condividere e regalare è il nostro Atman project.
Lo yoga ci può portare per mano, ma l'anima deve essere la nostra, liberata dalla paura dello scherno razionalista che potrebbe incontrare, della meraviglia che potrebbe liberare, della forza che potrebbe insegnare.
Per servire a tutto questo, lo yoga è (ancora) un'efficace disciplina, una filosofia di vita che può investire tutti gli aspetti del nostro quotidiano, dal nostro modo di affrontare le azioni di routine a quello di gestire le relazioni, dalla nostra predisposizione verso il cibo, all'atteggiamento di fronte agli alti e bassi che incontriamo.
Fortunatamente, ad osservare con attenzione, ci sono parecchi segnali a indicare che i nostri personalissimi Atman project lavorano, spesso al di sotto della soglia della nostra consapevolezza, per aiutarci a sbocciare. Altri li vediamo attorno a noi, fanno parte delle vite degli altri, o sono regali della natura, ma possiamo farli nostri, o lasciarci ispirare.
Quali sono gli indizi di Atman project che incontriamo? Quali hanno quella deliziosa capacità di stimolarci proprio lì dove abbiamo bisogno? Verso dove si dirige la nave perfetta del nostro essere all'avanscoperta della sua unione con il tutto?
Proverò a raccogliere dati e, come al solito, a scrivere per fissare l'attenzione e il cuore sui piccoli dettagli che ci rendono grandi.
Intanto, due spunti di riflessione che mi hanno lanciata in questo ultimo mio progetto dell'anima:
- aham brahma asmi, come recitano alcune sacre scritture della filosofia indiana, io sono il tutto, e sono un tutt'uno con l'assoluto, con la natura e gli esseri che la popolano, con le forme, i colori, i suoni e le consistenze, io sono un tutt'uno anche con i mondi che ancora non conosco ma che sono fatti della stessa vibrazione di cui sono fatta io.
- La libertà è quello a cui anelo, ma provo vergogna nello sperare in essa. La libertà, nel senso di profonda apertura del nostro essere sembra un anelito obsoleto, inadatto ai giorni nostri, lo ammette anche Tagore nella sua illuminata raccolta Gitanjali. Non è così, basta trovare vie contemporanee di assorbimento della stessa linfa che nutre il mondo da sempre.

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