Tutti i passi di un antico gesto

Tutto è cominciato anni fa, quando mi hanno regalato un gomitolone di lana rossa e un paio di ferri di legno numero dieci con cui farmi una sciarpa.
Ho guardato qualche video on line, in inglese, perché allora non ne avevo trovati in italiano; ho provato a partire con quella sciarpa, tutta a diritto per farla il più semplice possibile; ho disfatto tutto e riprovato; ho ereditato i ferri della bisnonna che nessuno in famiglia sapeva usare; ho provato ancora e poi ho abbandonato l'idea di lavorare a maglia pensando che non ci sarei mai riuscita.

Qualche anno dopo, con Ladù in pancia mi ci sono rimessa. Costretta in ospedale ad un riposo forzato, ho spedito mia mamma in missione, le ho chiesto di portarmi aghi e fili per imparare e fare il punto croce e dei gomitoli per preparare una copertina.
Il punto croce mi ha dato una soddisfazione immediata, anche se l'idea di usare tante ore solo per un decoro non mi si addice molto.
Per i ferri, invece, non era ancora il momento. La copertina per lui si è man mano trasformata in un copri spalle per me, fino a diventare un rettangolo di maglia minuscolo, così piccolo che l'avrò indossato due volte, giusto per concedermi un minimo di soddisfazione dopo la grande fatica di farlo.
C' è stato poi un altro tentativo, un altro copri spalle con qualche buco e parecchi errori, e un altro abbandono di ferri e gomitoli.

Fino all'anno scorso, quando  mi sono resa conto di quanto è bello avere addosso lana buona in una forma che mi piace, non necessariamente nel modello o colore di moda. Avevo appena saputo di aspettare Fado e mi sono detta che quella poteva essere la volta buona, la gravidanza giusta per ricominciare.

Sono entrata in un negozio costoso e anche un po' antipatico di Roma, ho comprato della lana buonissima e per niente economica e mi sono messa a sferruzzare un regalo per mia sorella, la mia acquirente più esigente. E lì, dopo almeno sei anni dal primo, fallitissimo, tentativo, è scattato l'amore.

Il filo che si srotola, la sua consistenza, toccare continuamente il pezzo già sferruzzato e sentirlo così morbido, guardarlo e vederlo così mio...
Non ho più smesso.
Ho trovato siti internet in italiano da cui scaricare i modelli (tanti li ho presi qui), fino a che ho deciso che era giunto il momento di buttarmi nel mondo del knitting e impararne la terminologia inglese. Tra i regali di compleanno ho chiesto The knitter almanac, di Elisabeth Zimmermann, e, in piena estate, mi sono messa a leggere di cappelli, maglioni e guanti di lana, in mezzo ai racconti dell'autrice, che ho amato da subito.
Ho rotto il ghiaccio e mi sono finalmente concessa di passare qualche ora a scoprire Ravelry, una risorsa infinita di nozioni, progetti, idee: un mondo in cui potrei passare giornate a sognare di creazioni che non avrei mai il tempo di fare.

Il mio primo progetto in inglese è stato questo cappello, seguito a ruota da un collo da abbinarci, che ho iniziato e finito questa settimana, complice un viaggio lungo come quello in cui ho completato il cappello.





Nel frattempo, da quando abitiamo qui, ho iniziato ad osservare le pecore del vicino. A giugno ho visto un cumulo di vello derivato dalla tosatura buttato in un angolo del suo terreno. Non ho avuto il coraggio di chiedergliene un po', e me ne sono pentita.
Ho cercato, cercato e cercato. E ho trovato una ragazza nelle Marche che fa corsi di filatura.
Domenica scorsa, tutti e quattro in formazione, ci siamo svegliati all'alba e siamo andati ad imparare.







Sono tornata a casa con un fuso, un sacchetto di lana zozza, una matassa filata in modo orribilmente irregolare e un paio di mezzi gomitoli: il mio primo filo!
Ho sferruzzato tutto il viaggio di ritorno, pensando e ripensando a tutti i passi che compongono l'arte della filatura, un'altra arte magica, come cucinare, come coltivare la terra. Un'arte di esperienza e alchimia, in cui le mani imparano a conoscere e creano qualcosa che prima non c'era.
Creano e imparano.
Avrei voluto sapere di più, avrei voluto imparare più trucchi, mi aspettavo qualcosa di più. Ma è un inizio, e il resto verrà col tempo e con i miei tentativi ed errori, come al solito.

Chissà, forse prima o poi avremo il nostro paio di pecore da cui ricavare la lana.
Per ora ordino on line gomitoli e gomitoli che arrivano rinchiusi in pacchi su cui sogno e che, pian piano, una riga alla volta, uso in cappelli, sciarpe e maglioni, ogni volta pensando al destinatario, ogni volta mettendoci tutta la mia attenzione, tutta la pazienza che sto ancora imparando, tutto il mio amore.
Chissà, forse, prima delle pecore, arriverà anche il tanto atteso negozio di lana dei miei sogni in cui entrare e scegliere dal vivo consistenze e colori, chiacchierando con quella proprietaria vecchietta e piena di consigli che sogno di incontrare. Prima o poi... chissà...


Il tempo della crisalide è il cammino, l'ascolto, l'intuizione, la scoperta.
Inspiro. Espiro. 
Partiamo?
Torniamo all'origine, vera, semplice, completa.
Inspiro.
Espiro.
Partiamo.


4 commenti:

  1. Complimenti sia per il cappello che è STUPENDO, che per la costanza!
    Anch'io ho fatto un rozzissimo tentativo circa 7 anni fa, memora della mia infanzia in cui ogni tanto sferruzzavo con gioia con mia nonna. Stavolta, mi ero fatta rinfrescare la memoria da mia zia, che ora però no c'è più. Il tentativo era di farmi una sciarpa... ma, visto che i tempi si dilatavano, l'ho trasformata in una sciarpa da bambino per mio nipote. Quando l'ho finita e gliel'ho regalata, ho scoperto (non subito) che è allergico alla lana.
    Ne ho dedotto che il mio destino fosse un altro! :DD

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    1. oh no! forse vuol dire che devi ripartire da una sciarpa per te, solo per te...

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  2. http://www.gaiadilana.com/index.php?option=com_frontpage&Itemid=1
    Conosci questo blog?
    è di una ragazza appassionata di lana che vende filati bio e oggetti realizzati in lana o feltro :-)

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    1. grazie mille!
      non lo conoscevo, che bel suggerimento!

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