A lezione di yoga: cuocere il mondo


Durante lo scorso dicembre ho sperimentato una serie di sequenze che sviluppano e alimentano la capacità di aprirsi al nuovo, sia nella mia pratica che insieme ai miei allievi. Il risultato è stato un mese di lezioni, meditazioni e visualizzazioni per prepararci al nuovo anno. Durante quel periodo ho scoperto che il vocabolo februa, da cui deriva il nome del mese corrente, ha il significato di "espiazione, purificazione." Per me questo mese ha un significato particolare, è una sorta di chiamata alle armi, l'anniversario di un risveglio forzato di coscienza arrivato sotto forma di dura prova da superare. Lego a febbraio un invito alla trasformazione (di cui ho già scritto qui e qui) e sono consapevole di quanto le ricorrenze mi aiutino a non perdere le tracce delle esperienze che mi segnano e creano i miei confini. Voglio celebrarlo condividendo in questo post un estratto della pratica che mi ha impegnata sul finire del 2011, quando avevo bisogno di chiudere un anno di gioia e disperazione, e trasformare il passato in ricordo. Tutti abbiamo dei momenti bui, delle prove da superare che ci sembrano molto più grandi di noi: in quei momenti riusciamo a trovare forze che non pensavamo nemmeno di avere, che ci rialzano per i capelli e ci rendono forti combattenti. Poi, una volta finita la tempesta, con le ultime forze rimaste, dobbiamo riuscire a rinascere dalle ceneri di quel che è stato. E quello è il momento più difficile. Questa pratica, questo far spazio, purificare per ripartire, mi è stata utile.
In sanscrito c'è un termine che mi affascina molto: lokapati, "cottura del mondo." Indica la trasformazione degli oggetti e delle persone coinvolte nel rito, ad indicare che l'esperienza rituale implica una trasformazione, una cottura che rende la somma degli ingredienti altro da sé. I tempi, dall'India dei testi sacri ad oggi, sono cambiati, ma il nostro quotidiano è ancora pieno di rituali. La pratica yoga è uno di questi.

Ecco un riassunto delle lezioni incentrate sul tema della "cottura, combustione," per bruciare ciò che non serve, creare e incanalare nuove energie.

Savasana, per lasciarsi andare a terra e sperimentare la sensazione di poter abbandonare tutto quello che non serve, che non ci serve più.


Balasana, in questa variante con la testa e le ginocchia il più possibile vicine, per mettere tutto il corpo in uno stato di attenzione e attivazione, richiamando anche la mente al qui e ora degli asana che verranno. La posizione prepara a quella successiva, rafforzando addome e schiena.



Urdhva dhanurasana, il mezzo ponte.
Per rafforzare caviglie, ginocchia e schiena. Per attivare il bacino (primo cakra), in cui si originano le nostre energie, l'addome e la zona lombare (secondo cakra), in cui si annidano le emozioni, e il terzo cakra, legato al fuoco, alla possibilità di dare una forma riconoscibile e comunicabile all'istinto e alle emozioni.


Sthambhasana, per compensare l'arco lombare della posizione precedente, rafforzando braccia, gambe e addominali. Per proiettare verso l'alto gli arti, che segnano le nostre azioni nel mondo, ricaricandoli. Per portare attenzione e forza al terzo cakra, che cureremo particolarmente durante tutta la sequenza.


Bhogavati asana, per coltivare la flessibilità che è indispensabile per essere davvero forti, continuando a mettere il nostro corpo nella condizione di attivare il manipura (terzo) cakra. Quest'asana rilassa la schiena, ci aiuta a prendere coscienza dei fianchi e del respiro che li allarga se allentiamo le tensioni, aumentando la portata respiratoria. Dopo averlo tenuta per qualche respiro, si ripete sull'altro lato.


Bhujangasana I, la posizione del cobra, per armonizzare il secondo (swadisthana) e terzo cakra, il nostro addome e la zona lombare, le sedi in cui le esperienze che viviamo si trasformano in ricordi e sensazioni, per creare l'immagine di noi che trasmettiamo all'esterno. Questa posizione è da approcciare con molta cautela in caso di ernie, discopatie e protusioni in questo tratto vertebrale, ma anche in caso di infiammazione del nervo sciatico ed ernia inguinale.


Bhujangasana II, per continuare a rafforzare schiena e braccia, "cuocendo" le emozioni profonde, mentre si attiva anche la muscolatura profonda dell'addome, per incanalare le nostre energie. Questa posizione non è adatta ai principianti, richiede una buona coscienza delle proprie possibilità e dei propri limiti, che, nella pratica yoga, sono da valutare e ascoltare giorno per giorno, asana per asana.
Bhujangasana, in tutte le sue varianti, è consigliato per le disfunzioni epatiche e renali, prolasso degli organi addominali, in caso di piccoli problemi ad utero e ovaie,  per sbloccare emozioni cronicizzate e trasformarle in creatività.


Shasankasana, per compensare l'arco vertebrale delle due posizioni precendenti. Questa è una delle posizioni che mi danno più sollievo, ultimamente. Rilassa collo e spalle, allunga la zone cervicale, se tenuta con cura, senza premere troppo sulla testa. Allunga la schiena e le braccia. E' una posizione di riposo e introspezione, con un dettaglio in più: come tutti gli asana in cui la testa è rivolta in basso e i piedi verso l'alto, ci invita a guardare le cose da un'altra prospettiva.



Adhomukhasvanasana, per osservare tutto da un'altra prospettiva, dopo aver tirato fuori, sbloccato tensioni muscolari e, simbolicamente, blocchi emotivi e mentali. Anche questa posizione ci offre la possibilità di considerare le cose... a testa in giù e provare a vederle diverse. Quest'asana, in particolare, mi piace perché combina altri aspetti. Incita all'apertura del petto e al rafforzamento della zona dorsale, portando l'attenzione al cuore e all'Amore nel suo aspetto più puro di cura per noi e il mondo. Permette il rafforzamento di braccia e schiena, perché, dopo aver visto e ponderato le cose da più punti di vista, serve avere la forza di (re)agire, fare. Aiuta lo svuotamento del bacino, per renderlo ancora più presente nella sua funzione di centro una volta che torniamo in piedi.


Vashistasana, per arrivare, finalmente, al dunque. Questa posizione richiede tutta la consapevolezza a cui gli asana precedenti ci preparano. Forza nelle braccia e nella schiena, per stare nello "sforzo" che la posizione ci richiede; equilibrio e presenza nel nostro bacino (centro) per non cadere, ma godersi la posizione; allineamento del respiro con ossa, muscoli e pensieri, per rendere l'asana veramente efficace. Vashistasana, infatti, è detta aiutarci a sentire dove incanalare le nostre energie. Di questa posizione esistono diverse varianti, a seconda della confidenza che abbiamo con la pratica; non ci sono particolari controindicazioni per la versione semplificata, ma sconsiglio le varianti più complesse a chi ha problemi all'articolazione della spalla o del gomito.





Anantasana, per continuare, ma più dolcemente, il lavoro energetico della posizione precedente. Questa è una delle posizioni che più si legano all'esperienza della "rinascita e rigenerazione." Ananta è il serpente adagiato su un oceano di latte dal cui ombelico si genera il mondo. La posizione non ha controindicazioni, anzi, è consigliata come rilassante anche nel caso di ernie lombari.


Pashimottanasana, per rilassare tutto il corpo, abbandonando a terra ricordi, pensieri, emozioni, percezioni.


Sukasana, mani in Prana mudra, per concludere lasciandoci ispirare dal mudra della vita e...


stare in contatto con il vorticare delle esperienze, da cui ricavare il nostro riferimento, come dice lei: "Puoi girarci intorno finchè vuoi, ma alla fine è sempre quello che cerchiamo, quello che abbiamo bisogno di trovare: il centro."
E gli spunti che ci dà qui sono un ottimo strumento per goderci quegli attimi in cui la bellezza estetica è di per sé meditazione, trasformazione, cottura.

Per approfondire il tema della cultura vedica e della cottura del mondo nella ritualità brahmanica: "Cuocere il mondo", C. Malhamoud, Adelphi.

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